“Sostenibilità” è una parola chiave per molte scelte della nostra vita. Fra queste l’alimentazione è una priorità. Nel paniere dei molteplici ingredienti della dieta, latte e derivati rivestono un ruolo significativo e sono spesso al centro di campagne che li mettono in discussione, al punto da suggerire di eliminarli dal menu di ogni giorno.
Tenendo conto che la sostenibilità non riguarda solo l’ambiente, ma si riferisce anche a salute, risorse umane, culturali ed economiche, identificare gli alimenti sostenibili da mettere in tavola richiede uno sguardo ampio su diversi aspetti. Esploriamone insieme alcuni, per scegliere senza pregiudizi.
Allevamenti sostenibili
Allevamenti e produzione di latte hanno radici antiche, sono da tempo immemorabile un punto di riferimento importante nel nostro percorso di civilizzazione. Oggi la loro evoluzione è sotto i riflettori per le possibili ricadute ambientali negative. C’è chi li mette all’indice. È una scelta sostenibile?
Certo, la produzione di latte e derivati può avere un impatto significativo sull’ambiente, ma rappresenta anche un’opportunità unica per rinnovare le tradizioni, promuovendo pratiche di produzione più responsabili, che valorizzino natura, equilibrio nutritivo e risorse umane.
Un contributo per paesaggio e biodiversità
Gli allevamenti, infatti, possono contribuire a preservare gli habitat naturali, in particolare, le praterie e le terre marginali, che forniscono rifugio e nutrimento a differenti specie vegetali e animali.
La loro presenza arricchisce il paesaggio rurale, preservando così la diversità degli ambienti agricoli e contribuendo alla conservazione di elementi caratteristici, come recinzioni tradizionali, siepi e alberi.
La gestione sostenibile dei pascoli favorisce quindi la biodiversità, promuovendo la crescita di erbe native, arbusti e piante selvatiche, che a loro volta supportano la vita di insetti, uccelli e altri animali.
Gli allevamenti lattiero-caseari di dimensioni più grandi, se integrati in sistemi agricoli polifunzionali, che includono la rotazione delle colture, rigenerano il terreno e diminuiscono la necessità di fitofarmaci.
Privilegiare mangimi di provenienza locale, o comunque scelti fra quelli che non hanno ricadute sulla deforestazione, riduce l’impatto ambientale. Letame, giacigli ed altri rifiuti prodotti dagli animali, utilizzati come fertilizzante naturale per i campi agricoli, diminuiscono la dipendenza dai fertilizzanti chimici e possono accrescere la fertilità del suolo.
Valorizzazione della diversità genetica e benessere animale
Gli allevamenti lattiero-caseari aiutano inoltre a conservare le razze autoctone di bovini, caprini e ovini, che spesso presentano adattamenti specifici all’ambiente locale, garantendo la diversità genetica. A patto di assicurare il benessere degli animali. Spazi adeguati, accesso al movimento e cure veterinarie, consentono di prevenire le malattie, riducendo, così, la necessità di farmaci e i rischi legati alla resistenza batterica e all’inquinamento ambientale.
Risparmio di risorse
Negli allevamenti d’avanguardia, sistemi tecnologicamente efficaci consentono di ridurre il consumo di acqua, mentre le fonti di energia rinnovabile, solare o eolica, e la gestione oculata dei trasporti, aiutano a limitare le emissioni di gas serra.
L’attenzione a tutti questi aspetti è possibile, e contribuisce a ridurre l’impronta carbonica, offrendo, nel contempo, diversi altri vantaggi dal punto di vista ambientale.
La possibilità di partecipare allo sviluppo sostenibile
Inserire latte e latticini di qualità, preferibilmente di produzione nazionale, in una dieta varia, aiuta a promuovere lo sviluppo sostenibile dell’agricoltura e a preservare tradizioni millenarie, parte integrante della nostra cultura.
La loro sostenibilità è apprezzabile anche in relazione agli aspetti economici e sociali. Si tratta, infatti, di ingredienti alla portata delle famiglie e molto versatili, che si adattano a un’infinità di preparazioni da gustare insieme. La tracciabilità della filiera, che le moderne tecnologie rendono accessibile e identificabile sugli imballaggi, consente scelte consapevoli.
In primo piano: latte e derivati sono sostenibili per la salute?
Le linee guida per una sana alimentazione italiane, così come quelle di molti altri paesi, suggeriscono una dieta prevalentemente vegetale, composta, per circa l’80% da verdura, frutta, legumi e cereali integrali. Resta spazio per piccole quantità di ingredienti di origine animale, che si integrano in modo ottimale con i vegetali. Nell’alternanza di questi cibi, che assicura la varietà indispensabile per l’equilibrio nutritivo e ambientale, i latticini, in particolare latte e yogurt freschi, meritano uno spazio. Contengono, infatti, numerosi principi nutritivi in una forma bioattiva, progettata dalla natura per essere facilmente assorbibile.
Le proteine presenti, ben assimilabili, sono indicate per integrare la quota proteica anche nel menu di anziani e sportivi. Latte e derivati forniscono, poi, diversi minerali fra cui, oltre al calcio, il potassio, utile per la regolazione della pressione sanguigna, lo zinco, componente essenziale di ormoni ed enzimi, il magnesio, indispensabile per il suo ruolo nella sintesi di diversi tessuti e nella regolazione del sistema nervoso. Fra le vitamine si trovano la A, coinvolta in differenti funzioni metaboliche, la D, che regola, fra le altre cose, l’assorbimento del calcio e la B2, centrale per lo svolgimento dei processi energetici. Importante, soprattutto per chi segue diete vegetariane, è anche l’apporto della vitamina B12, determinante per la rigenerazione di globuli rossi e sistema nervoso e presente in forma non assimilabile nei cibi vegetali.
Prendendo in considerazione latte e yogurt, a questa concentrazione di principi nutritivi fa riscontro un prezzo relativamente modesto e un contenuto calorico moderato, vista la presenza abbondante di acqua, che idrata e nel contempo mitiga l’apporto energetico. Si tratta quindi di ingredienti sostenibili anche per chi ha problemi di sovrappeso.
I formaggi stagionati, più poveri di acqua, sono maggiormente concentrati, di conseguenza andrebbero consumati in porzioni più piccole, alternandoli ad altri cibi proteici, fra cui uova e pesce, senza trascurare le fonti proteiche vegetali, legumi e frutta secca oleosa, come mandorle e noci, in primo piano.
Credenze da sfatare
Dal punto di vista della salute vale quindi la pena di riabilitare latte e latticini, sfatando i diversi pregiudizi nei loro confronti, senza perdere di vista moderazione e varietà.
Un orientamento viene dalle autorità scientifiche in campo alimentare che in media raccomandano l’utilizzo quotidiano di 1-2 porzioni di latticini freschi al giorno (pari a 125 g di latte-yogurt per porzione) a cui aggiungere, eventualmente, 1-3 porzioni di formaggio la settimana (circa 100 g per porzione fresco, 50 g stagionato). Le porzioni andrebbero ridotte se il formaggio è abbinato ad altre fonti proteiche animali o vegetali, come accade in diversi piatti unici tradizionali.
Quanto ai legami fra patologie e consumo di latticini, le numerose ricerche condotte negli ultimi anni richiedono ulteriori approfondimenti.
Diverse indagini sembrano mostrare che non esiste una correlazione diretta fra il loro consumo equilibrato e l’incidenza di malattie cardiovascolari. Latte e yogurt al naturale, in particolare, contengono circa il 3,5-4% di grassi, una quantità inferiore a quella di altri cibi. In più, i grassi saturi presenti, sono prevalentemente a catena corta, oppure a catena dispari, e non hanno un influsso negativo sulla salute dei vasi sanguigni, o sono addirittura protettivi.
L’ipotesi che latte e derivati possano favorire l’osteoporosi è smentita da diverse ricerche, che evidenziano, al contrario, una minore incidenza di questo problema fra chi usa abitualmente latticini freschi, accompagnanti da uno stile di vita che prevede attività fisica e dieta equilibrata.
In merito alla correlazione positiva fra la loro utilizzazione e i tumori, le ricerche sono in fase di sviluppo. Se alcuni effetti protettivi paiono emergere nei confronti dei tumori all’intestino, rispetto al seno il rischio ipotizzato è per ora stato smentito, mentre si raccomanda di ridurne l’impiego per prevenire le recidive dopo aver contratto la malattia. Nei confronti della prostata, alcuni dati sembrano confermare un legame correlato a un consumo elevato, ma ancora sono necessari chiarimenti.
Le criticità dovute e alla presenza dei fattori di crescita IGF-1, infine, vengono relativizzate degli studi medici per via della quantità modesta che si assume quando non si abusa di latte e derivati.
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