PERDERE LE RADICI DI FAMIGLIA
di Tiziana Luciani
Ormai per brevità lo chiamiamo Covid, ma la sua corretta denominazione sarebbe Covid19. E, come sapete, 19 sta per 2019, l’anno del suo esordio. Ricordarlo mi fa pensare che oggi, 2023, sono passati ben quattro anni da quell’inizio. Quattro anni nella vita di una persona adulta sono un qualcosa, ma in quella di un bambino, di una bambina sono una enormità. Questo tema mi appassiona: da tre anni scolastici sono la psicologa di riferimento dell’Istituto Comprensivo “Ten. Petrucci” a Montecastrilli (TR). Da due anni svolgo dei progetti psico-pedagogici, in una scuola primaria, la “Dante Alighieri” di Mariano Comense (CO), e da svariati anni collaboro con l’“Istituto Comprensivo della Val Nervia”, in provincia di Imperia.
Ho a che fare con alunni/e della primaria e delle medie, con i loro genitori e i loro insegnanti. Nel lungo periodo del lockdown e del distanziamento abbiamo interagito da remoto poi, piano piano, ci siamo frequentati in presenza. In tutti i miei incontri utilizzo modalità espressive dell’arte terapia, utili per riuscire a far emergere il proprio mondo interiore, a ragionarci sopra e a condividerlo con il resto del gruppo. Alcune proposte di attività, in particolare, hanno lo scopo di sciogliere i grumi emotivi che il tempo del Covid ha sedimentato in noi.
Nero, luce e cerchi degli alberi
Fra queste, due in particolare sono state offerte alla scuola primaria e alla secondaria di primo grado. Nella prima, che ho intitolato: “Dal nero alla luce”, ogni partecipante ha a sua disposizione due fogli di carta da disegno nera, un pastello bianco, dei brillantini adesivi e molti ritagli di immagini tratte da riviste. Sul primo foglio disegna, realizza un collage e scrive qualcosa su un’esperienza difficile che ha vissuto, che lo/la ha messo/a alla prova; sul secondo foglio, con la stessa modalità, si dà conto di cosa, comunque, ha tratto di positivo da quella vicenda difficile. Nella seconda proposta, che chiamo “Come i cerchi dell’albero”, si trae ispirazione dalla dendrocronologia, la scienza che studia la vita arborea, osservando la quantità e la qualità dei cerchi presenti nel tronco. Irregolarità nel tracciato dei cerchi sono indicatori di siccità e di difficoltà varie patite dalla pianta. Offro ai partecipanti un foglio con dei segni concentrici, nel cui centro è incollata, a riprova, una piccola rondella tagliata da un fusto. I partecipanti scrivendo, disegnando e applicando immagini a collage, raccontano la loro vita anno per anno (nel caso degli adulti periodo per periodo).
La scomparsa delle radici
Osservando, ascoltando e rileggendo queste preziose realizzazioni ho scoperto che per l’infanzia e la preadolescenza, il periodo segnato dal covid19 ha significato purtroppo spesso, il fare i conti col primo grande lutto: la perdita di nonni e nonne, a volte di bisnonni e bisnonne. Le matite bianche hanno mestamente tracciato funerali, tombe – per quanti hanno potuto dar loro l’ultimo addio -, oppure letti d’ospedale dove si immagina siano morti in solitudine. “E’ morto mio bisnonno, sono triste”, scrive M., otto anni in un fumetto, raffigurandosi con i lati della bocca in giù accanto a una croce e al bisnonno nella bara. Nella pagina successiva la bocca sorride e del bisnonno vediamo un ritratto incorniciato e appeso a un muro, il nero del foglio ravvivato da ritagli di carta sagomati a forma di cuore e di uccellini. E una scritta: “Mio bisnonno adesso c’è, che bello!”.
Tutto l’impegnativo percorso dell’elaborazione del lutto, fatto di ritualità, di oggetti che nutrono il ricordo e la presenza, nonostante la perdita, tutto questo è efficacemente tratteggiato nel secondo foglio di M.! Queste due pagine, insieme a quelle dei suoi compagni e delle sue compagne, vengono rilegate per costituire il “Libro Delle Prove Affrontate E Superate” da quella classe.
F., un bambino di terza primaria, rappresentando la sua vita come i cerchi dell’albero, colora di nero il penultimo, grande anello e specifica: “Tristezza, muore il nonno”. L’ultimo cerchio è rosso, F. disegna un cuore e scrive: “Voglia di ricominciare: capisco che la vita va avanti”.
In questi quattro anni, tanti per le ancor brevi vite di bambini e bambine, questa generazione ha affrontato prematuramente la perdita degli anziani di famiglia.
In futuro si riconosceranno fra loro anche per questo: sono quell’infanzia, quella preadolescenza che, in un paese, l’Italia, che usualmente vanta un gran numero di persone anziane, hanno perso prima del previsto delle figure importanti.
I legami con il passato sono stati recisi precocemente e drammaticamente.
Quando tornerà la nonna?
Un albo illustrato, come spesso accade, con poche parole e delle illustrazioni commoventi, racconta tale tipo di perdita. Si intitola “Quando tornerà Hadda?”.[1] Hadda è una nonna che regala al suo nipotino delle frasi rassicuranti, per consolarlo della sua morte. Quello che vediamo sono le stanze della sua casa, l’abitazione di una donna anziana. Ogni spazio si collega alla frase giusta che, dal luogo della vita di tutti i giorni, fa sgorgare un viatico per oltrepassare la morte.
La stanza da letto, la vasca da bagno, il balcone, un mondo di oggetti che custodiscono la presenza dell’assente. Poi la cucina e il calendario alla parete, le annotazioni, un post-it. E l’anno: quel maledetto 2019, da cui siamo partiti. “Vai, vai. Sono qui. Dentro di te. Per sempre!” sussurra infine Hadda al nipotino… parole simili a quelle che M. e F., i due bambini, rivolgono a se stessi. Questo tema, ve lo ho detto, mi tocca professionalmente ma anche – e ve lo dico ora – personalmente. Non ho mai conosciuto i miei nonni e le mie nonne. Le loro persone sono state travolte, come fragili barchette di carta, dalle onde alte e minacciose del ‘900. Scomparsi/e chi negli anni ’20 del secolo scorso, chi dopo la seconda guerra mondiale. Nell’infanzia la loro assenza fu per me molto dolorosa. Le loro morti vennero fortemente condizionate dalle epoche storiche nelle quali vissero. Forse per questo il mio cuore e la mia mente sono così vicini a questi bambini e bambine, ai loro fogli neri, ai loro cerchi colorati.
Tiziana Luciani
Tiziana Luciani
psicologa-psicoterapeuta e arte terapeuta clinica. Docente della Scuola di formazione per arte terapeuti de La Cittadella di Assisi. Si occupa di formazione degli adulti dal 1980 nell’ambito: sanitario, sociale, educativo. Giornalista-pubblicista ha pubblicato: Se perdo te. Quando il lavoro manca (in collaborazione con Giovanni Grossi, Pliniana, 2013), E corrono ancora. Storie italiane di donne selvagge (Frassinelli, 2014), Eroine ed eroi in corso (Carthusia, 2021). Che forza! (con le illustrazioni di Bimba Landmann, Carthusia, 2021), I come inquietudine (Cittadella Editrice, 2021). In uscita: La nostalgia dei sogni (in collaborazione con Alberto Terzi) e Aiutare stanca e a volte esalta. Lavora a Perugia, Assisi e Milano.
- Anne Herbauts, Quando tornerà Hadda?, Firenze, Edizioni Clichy, 2023.