Dichiarata patrimonio immateriale dell’umanità dall’Unesco nel 2010, la dieta mediterranea è sinonimo di una cultura legata alle tradizioni, al territorio e alla salute. Il suo valore non è solo da collegare a singoli ingredienti, o a particolari aree geografiche, ma a una filosofia di vita che fornisce spunti importanti per salvaguardare benessere e ambiente, in ogni realtà.
La dieta Mediterranea: un modello complesso e affascinante
Spesso i paesi industrializzati lontani dal Mediterraneo collegano la dieta Mediterranea a cliché che conducono a singoli ingredienti e particolari ricette: pomodori, olio, pasta, pizza…
In realtà, il modello alimentare mediterraneo è complesso e i suoi effetti positivi su salute e ambiente, riconosciuti dagli scienziati di tutto il mondo, non si possono ridurre solo a pochi alimenti o preparazioni culinarie.
L’Unesco (1), ne mette a fuoco il valore, legato a tradizioni tramandate da generazioni e condivise dalle comunità in una vasta area del Mediterraneo. Le popolazioni coinvolte sono differenti, hanno specialità culinarie e usanze diverse. Ciò che le accomuna è lo stile di vita parsimonioso, derivato da un vasto patrimonio di conoscenze e pratiche sostenibili: agricoltura, pesca, pastorizia, capacità e modalità di trasformare e condividere il cibo. Un modello sviluppato per sopravvivere con risorse limitate, talvolta di estrema povertà (2).
A porvi l’attenzione nel mondo occidentale fu lo studioso americano Ancel Keys (3), che negli anni cinquanta si trasferì a Pioppi, nel Cilento, dove visse per oltre 40 anni e approfondì il legame fra la straordinaria longevità degli abitanti e la loro dieta, divulgando in tutto il mondo i risultati della sua ricerca. In anni più recenti, altri sudi hanno permesso di confermare gli effetti positivi della dieta mediterranea su ambiente e salute.
È possibile rendere universale la dieta mediterranea?
Un modello valido per tutti? Secondo Walter Willet, uno degli autori dello studio EAT-Lancet che ha portato alla luce la necessità di orientarsi verso una dieta più sostenibile (4), ogni Paese dovrebbe adattare le sue linee guida alle esigenze locali, far riferimento ai modelli agroalimentari dei propri antenati, che rimandano al clima, ai prodotti disponibili, alle caratteristiche delle popolazioni.
Senza perdere di vista alcuni degli aspetti del modello mediterraneo, ricchi di riferimenti utili. A partire dal rispetto dell’ambiente e delle sue risorse, in sintonia con i cicli naturali.
Senza trascurare l’arte di trasformare il cibo rendendolo gradevole e contemporaneamente facile da assimilare. L’ammollo dei legumi, la macinatura dei cereali, la fermentazione di alcuni ingredienti, insieme a tante ricette che prevedono la sapiente combinazione di cibi vegetali, con dosi parsimoniose di cibi animali, sono un esempio significativo della saggezza con cui la cultura mediterranea ha saputo dialogare con l’ambiente, adattando alle nostre esigenze gli alimenti “naturalmente” disponibili.
Merita poi un posto d’onore la convivialità, la capacità di ritualizzare e condividere i pasti, con un ritmo regolare, oggi trascurata, ma necessaria per costruire le sinergie adatte a trarre il massimo beneficio psichico e fisico dal cibo.
Esempi sostenibili lontano dal Mediterraneo
Questo modo di vivere il rapporto con il cibo, l’ambiente e le relazioni umane, fa parte anche di modelli alimentari sviluppati in contesti lontani dall’area mediterranea.
In Groenlandia, per esempio, la popolazione Inuit vive immersa in un ambiente dominato dal freddo, e rispetta rituali collettivi per la trasformazione e il consumo del cibo in armonia con la natura. Il menu è composto prevalentemente da bacche e altri vegetali selvatici, accompagnati da pesce e prodotti della cacciagione, presenti in quantità decisamente elevate rispetto alle nostre abitudini, mentre ortaggi e frutta coltivati sono quasi estranei. Le ottime condizioni di salute degli Inuit, che li rendono particolarmente resistenti, si modificano quando si trasferiscono nei paesi industrializzati.
Lo stesso accade ai Giapponesi che vivono nell’arcipelago di Okinawa, dove la longevità è fra le più alte del mondo. Il loro menu, molto parsimonioso, è ricco di vegetali protettivi, fra cui fino a 13 piccole porzioni al giorno di verdure crude e cotte, alghe, riso, derivati della soia e pesce. Il tutto insaporito con varie spezie e accompagnato da uno stile di vita che previene sedentarietà, stress e altre situazioni negative.
Filosofia mediterranea nelle zone montane
Ma torniamo a noi. Prendiamo come esempio le zone montane delle alpi, in Valtellina. Anche qui, in un passato non troppo lontano, la dieta quotidiana era basata su cibi semplici, locali, di stagione, sapientemente combinati fra loro per resistere alla ristrettezza di risorse, al freddo e al faticoso lavoro agricolo.
La disponibilità apparentemente illimitata di ingredienti provenienti da lontano in ogni momento dell’anno rischia oggi di farci dimenticare alcuni dei pregiati ingredienti locali: il grano saraceno, per esempio, i formaggi e le deliziose mele locali, le molteplici varietà di cavoli, poi alcune erbe selvatiche che in questa stagione crescono copiose. Sono questi i cibi che ci avvicinano alla filosofia della dieta mediterranea, più di pomodori e melanzane, spesso fuori stagione. Proviamo a riscoprirli. Senza mai rinunciare alla varietà.
La montagna in cucina: filosofia
Pennette di grano saraceno con germogli di luppolo selvatico e formaggio latteria
Ingredienti per 4 persone:
- 280 g di pennette di grano saraceno (o altro formato di pasta di grano saraceno a piacere)
- 250-300 g di germogli di luppolo selvatico*(in loro mancanza usate asparagi, o erbette)
- 3 cucchiai di olio evo
- 1 cipollotto
- 1 spicchio d’aglio
- 6 cucchiai di formaggio latteria grattugiato grossolana mente
Preparazione:
1. Lavare
Lavate con cura i germogli di luppolo e cuoceteli, a vapore, finché sono morbidi. Potete bere il brodo di cottura come aperitivo, con un goccio di succo di limone.
2. Tritare
Tritate aglio e cipolla e fateli stufare, delicatamente, con poco olio evo.
3. Unire
Unite i germogli di luppolo sminuzzati, lasciando intere le punte. Salate e fate insaporire 5 minuti.
4. Aggiungere
Aggiungete la pasta al dente , mescolate, unite il formaggio grattugiato e servite, con olio e formaggio grattato da unire e piacere.
(*) Il luppolo selvatico (Humulus lupulus) è una pianta spontanea rampicante che sviluppa lunghi e teneri germogli a cui vengono attribuiti numerosi soprannomi dialettali (vertis, luvertin, luvertis…). Usati nella cucina popolare hanno prestazioni culinarie simili agli asparagi, di cui richiamano il gusto. Si preparano semplicemente a vapore, conditi con olio e succo di limone, oppure in aggiunta a frittate, uova al tegamino, risotto e pasta.