Un viaggio in Sicilia a Capo d’Orlando, la scoperta di una Villa, villa Piccolo, e dell’omonima fondazione hanno persuaso Stefania Aphel Barzini ad affrontare la stesura di: “Le Gattoparde”, il tramonto di un’epoca in un a grande saga siciliana.
La scoperta di Villa Piccolo
Nel corso di un viaggio in Sicilia sono casualmente capitata a Villa Piccolo, la straordinaria casa-museo dell’aristocratica famiglia Piccolo, arroccata in cima alle colline di Capo d’Orlando, immersa in uno splendido parco di oltre venti ettari. Oggi è sede della Fondazione Piccolo ed è il luogo dove la baronessa Teresa Mastrogiovanni Tasca Filangeri di Cutò si ritirò con i suoi tre figli che lì vissero fino alla morte, quando il marito Giuseppe Piccolo di Calanovella fuggì a Sanremo con una ballerina.
Una famiglia molto particolare
Teresa fu una donna toccata dalle tragedie, non solo l’abbandono da parte del marito a cui lei rispose con coraggio e dignità inusuali per la maggior parte delle donne di quel periodo, ritirandosi a vivere in solitudine a Capo d’Orlando con i suoi tre figli, ma anche dalla morte violenta di tre delle sue sorelle.
Quando Donna Teresa si ritirò a Villa Piccolo insieme ai suoi figli, nacque un irripetibile cenacolo di cultura, d’avanguardia e di bizzarria: Agata, la sola femmina, abile cuoca e appassionata botanica, dedicò tutta la sua esistenza al giardino senza uscirne se non raramente, (lei stessa affermava di non aver mai attraversato lo stretto, di essere stata solo a Messina e a Palermo, i fratelli quando andavano in città se la portavano appresso, insieme ad un corredo di pentole, perché i due non mangiavano mai al ristorante e amavano solo la sua cucina), Lucio, il poeta, scoperto da Montale e Casimiro, l’eccentrico esoterico, pittore e fotografo, che dormiva di giorno e viveva di notte, andandosene in giro per il bosco e nel giardino, dove sosteneva di vedere fate e elfi che ha poi ritratto nei suoi meravigliosi acquarelli. La famiglia Piccolo cominciò così a creare il suo universo da piani diversi: uno era quello di tenere viva la storia della famiglia circondandosi di oggetti simbolo di quel passato, residui di quella storia, che componevano una sorta di museo, museo tuttora presente. L’altro la creazione di uno splendido parco di piante rare, una sorta di orto botanico, e infine la passione per la cucina portata avanti dalla Baronessa madre e dalla figlia Agata.
Gattopardi e Gattoparde
La storia dei Gattopardi, gli aristocratici siciliani, è stata spesso raccontata, anche se nella maggior parte dei casi il loro merito sia stato piuttosto quello di sperperare immensi patrimoni assistendo passivamente al loro cupio dissolvi. Molto meno si sa invece delle Gattoparde, che pure hanno cercato con tutte le loro forze di arginare il disastro. E a Villa Piccolo ho scoperto presenze e fantasmi inquietanti che mi hanno spinta a dare loro voce, a riportarli in vita. Partendo da donna Teresa, presenza evanescente che anche dopo la morte continuava a essere presente tanto che la tavola era regolarmente apparecchiata (e lo è tutt’ora) e i tanti cani morti, che a detta di Casimiro, apparivano e sparivano con frequenza inquietante. Volevo raccontare anche le tante figure che si sono intrecciate alla vita di questa eccentrica famiglia, le tre sfortunate sorelle Filangeri Tasca di Cutò, il fratello Alessandro, unico erede maschio, soprannominato “Il Pricipe Rosso” per via delle sue simpatie socialiste che ha dissolto il patrimonio di famiglia nelle sue avventure, la madre Giovannina, morta giovane che influenzò in maniera determinante le esistenze dei suoi figli, e poi Beatrice, la sola sorella, con Teresa sopravvissuta alle tragedie famigliari, madre di Giuseppe Tomasi di Lampedusa a cui era legata da un affetto geloso ed esclusivo, passando per Franca Florio, la regina dei salotti palermitani e dalla regina Elena, amiche del cuore di Giulia, la sorella finita tragicamente e che della regina fu la dama preferita. La storia si stende come un film avvincente tra tragedie, lusso sfrenato, palazzi principeschi e personaggi eccentrici creando un affresco indimenticabile di un’epoca ormai scomparsa. Raccontare questa storia ha voluto dire per me ridare voce a donne che per tutta la vita hanno cercato di esprimersi senza che mai fosse a loro permesso, è stato un po’ come ridare vita e visibilità a fantasmi. E sono sicura che di questo le mie Gattoparde ne siano felici.
Biografia dell'autrice
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