Cura, dalla radice Ku- Kav, osservare, guardare; collegata al termine sanscrito Kavi, saggio.
Nel linguaggio comune è un invito a mettersi in ascolto per agire con attenzione nei confronti della salute, dell’ambiente, delle relazioni e della comunità. “Avere cura, prendersi cura” è un’attitudine oggi più che mai necessaria. Esprime il desiderio di darsi da fare, con sollecitudine e dedizione. Quale “cura” e quindi quali attenzioni e premure possiamo rendere attive per il futuro?
Iniziamo con la cura di noi
Cominciamo da noi. Non è un atto egoistico ma il primo passo, fondamentale, per comprendere a fondo cosa significa “avere cura”. È un atto di rispetto verso sé stesse e verso gli altri, perché permette di restituire a chi ci sta attorno una versione di noi più ricca e equilibrata. Ci rende più forti, attente, capaci, mettendoci in grado di essere generose, di poterci prendere cura anche di ciò che ci circonda.
Iniziamo a considerare la cura come una pratica che prende forma dal nostro modo di essere, e ci permette di elaborare pensieri, scegliere le priorità, orientare le abitudini, aiutare, valorizzare.
A partire dal cibo
Pensiamo al cibo. Ne abbiamo bisogno ogni giorno, più volte al giorno. Sappiamo che le nostre scelte influenzano in modo decisivo non solo il nostro benessere ma anche quello di chi ci sta intorno, l’equilibrio dell’ambiente e della natura.
Eppure troppo spesso lo scegliamo e lo trasformiamo senza cura. “Non ho tempo” mi dicono frequentemente le donne che incontro per il lavoro che svolgo. “Ho altre priorità”.
Comprendo profondamente questo atteggiamento e non intendo giudicarlo. È vero, fra le altre cose, che l’attività di preparare il cibo, come tutte quelle che riguardano la cura della casa e delle persone, è una competenza che la storia ha femminilizzato, con la complicità di una cultura patriarcale responsabile di aver relegato la donna al ruolo di “regina dei fornelli”.
L’emancipazione ha così condotto molte di noi a una sorta di ribellione, più o meno consapevole. Spesso ci sentiamo più libere se ci allontaniamo da tutte le incombenze che conducono al desco domestico. C’è del vero. Delegando si risparmia tempo. Ma la libertà non è maggiore. Il rischio, infatti, è di perdere capacità, competenze, di dipendere dagli altri. In particolare da quella cultura patriarcale da cui vorremo fuggire, che domina in alcuni tipi di produzione alimentare imponendo ricette preconfezionate, standardizzate con la logica prevalente dell’ottimizzazione dei profitti.
Cambiare punto di vista
Se cambiassimo punto di vista? Il lavoro che svolgo mi ha aiutato a farlo. Da tempo vedo la capacità di scegliere e trasformare il cibo come una enorme opportunità di indipendenza. La possibilità di connettersi intimamente con il mondo che ci circonda, con ogni sfumatura delle risorse umane, territoriali, ambientali che generano ciò che mangiamo.
Ho coltivato l’istinto ancestrale della raccoglitrice. Colgo ogni possibilità per godere dei doni della natura, mi lascio sorprendere, riconoscente dei diversi colori, dei profumi, delle tonalità di gusto sempre diverse. Anche dall’occasione di risparmiare, ottimizzare le risorse, scoprire percorsi inattesi, ottenere il massimo con le cose più semplici. Certo, la mia professione impone molto allenamento in questa direzione. Per consigliare gli altri devo prima aver provato. Si tratta di un esercizio creativo, armonioso e privo di sforzo. Vorrei che lo fosse per tutti. Senza distinzione di sesso. Non è infatti rinunciando alle competenze che ci si libera, ma condividendole e cercando di fare in modo che molte altre persone le acquisiscano. Distribuendo i compiti. Mi impegno quindi ogni giorno per condividere ciò che ho imparato.
La cura nelle piccole cose
Le soddisfazioni non mancano. Gioisco quando percepisco l’entusiasmo, il senso di meraviglia di chi prova a cambiare e ci riesce, nelle piccole cose, con effetti che riempiono di stupore.
Talvolta basta poco. Pochissimo. Una visita al mercato locale. Un contatto con i gruppi di acquisto solidale. La scoperta di nuovi ingredienti. Poi, una volta a casa, un fiore messo sul tavolo. La frutta ben disposta nella fruttiera. Una ricetta molto facile, che con gli ingredienti selezionati viene inaspettatamente squisita, allegra e colorata.
Provare per credere
Con l’esercizio questi piccoli miracoli quotidiani si ripetono. La cura diventa una pratica usuale e piacevole. Restituisce molto.
Vale la pena di provare, iniziando con piccoli passi. Preparate, per esempio, l’insalata in un modo diverso dal solito. È la stagione delle foglie, del verde. Le opportunità non mancano.
Ecco un suggerimento.
Valorizzate la preparazione della ricetta come un momento di contemplazione. Rilassatevi e rimirate i colori, le differenze di forma e di consistenza.
Insalata Verde
Ingredienti per 4 persone:
- 250 g di verdura a foglie verdi tenere (scegliete almeno 3 tipi di foglie differenti, per esempio lattughino, radicchio e spinaci novelli),
- 1 carota
- 8 ravanelli
- 2 gambi di sedano con le foglie
- 2 cucchiai di semi di zucca
- una manciatina di foglie di menta
- se desiderato e gradito 1 cipollotto con il verde
- 2 cucchiai di olio evo