di Paola Dorigoni
Care Amiche, vi scrivo per aggiornarvi su recenti (possibili) novità in tema di separazione e divorzio.
E’ stato pubblicato ad agosto scorso un disegno di legge che, in caso di approvazione, comporterebbe modifiche determinanti nella disciplina della separazione e divorzio dei coniugi. Come forse avrete già letto nei quotidiani, tali modifiche non sarebbero sicuramente a favore delle ex mogli o partner femminili.
I punti della legge…
Per comprenderle meglio occorre riassumere i punti che vengono trattati in sede di separazione familiare, precisando che ogni distinzione tra coppia sposata e non, è venuta meno da tempo. Ciò significa che le modifiche riguardano entrambe le posizioni.
Detti punti sono:
1.- l’assegnazione della casa familiare. Sino ad ora la casa familiare era assegnata al partner con il quale i figli vivevano in via prevalente.
Va precisato che nella maggioranza dei casi (oltre il 90%) la madre è il genitore con la quale i figli vivono stabilmente, ovvero, ripetendo l’espressione utilizzata nei tribunali, in via prevalente.
Qui inizia la prima differenza. Il disegno di legge non prevede alcun automatismo: il Giudice deciderà di volta in volta, anche in considerazione della titolarità dell’immobile, quale genitore potrà continuare a rimanere nella casa familiare.
2.- L’affido dei figli minori
Il discorso si ripete, perché nel disegno di legge è scritto che “si garantiscono tempi paritari qualora anche uno solo dei genitori ne faccia richiesta. Si garantisce comunque la permanenza di non meno di 12 giorni al mese, compresi i pernottamenti, presso il padre e presso la madre, salvo comprovato e motivato pericolo di pregiudizio per la salute psicofisica dei figli in casi tassativamente individuati”
Viene meno quindi la collocazione prevalente presso la madre nella casa familiare ora prevista nella maggioranza dei casi, che, come si è detto sopra, supera il 90%.
3.- il terzo punto è una conseguenza. L’assegno di mantenimento per i figli non è più contemplato, ma entrambi i genitori provvederanno alle spese per i figli quando questi si trovano rispettivamente presso l’uno o l’altro genitore.
…e le sue “criticità”
La maggioranza degli “addetti ai lavori” è decisamente contraria alle modifiche qui sintetizzate.
In particolare, i cosiddetti tempi paritari presso ciascun genitore suscitano in chiunque l’idea del bambino/ ragazzo “pacco” che si trova senza una fissa dimora.
Anche la suddivisione delle spese crea potenziali conflitti.
Chi compra le scarpe? Quando il figlio è con il papà o quando è con la mamma? Se un genitore compera vestiti di scarsa qualità, mentre l’altro vorrebbe acquistarne di qualità migliore (non stiamo pensando ora ai vestiti “firmati”) come ci si coordina? Ognuno dei due può cercare di addossare all’altro le spese che rientrano nel concetto di mantenimento (vestiario, paghetta per il figlio adolescente, spese di benzina, cancelleria, ticket sanitari etc.).
Quando i genitori faticano a parlare tra di loro, non appare produttivo caricarli di altre decisioni quotidiane.
Una soluzione “salomonica”
Non si vuole privare il padre del diritto di crescere il figlio ma, come tanti educatori sostengono, non è la quantità del tempo, ben altri fattori piuttosto incidono sul
rapporto genitore e figlio, quali: la qualità del tempo, la stabilità, la coerenza, insomma tanti altri indici che si esprimono nel concetto del genitore “sufficientemente buono” (la definizione è del noto psicologo Donald Winnicott).
Introdurre il concetto della “metà del tempo” a ciascuno, richiama la soluzione del re Salomone che, a fronte del litigio di due madri che si contendevano il
figlio, sostenendo ciascuna che fosse il proprio, decise: per accontentare entrambe dispongo che il figlio sia diviso in due!
Si vuole concludere questa breve riflessione sottolineando che le soluzioni prospettate dal disegno di legge, quali la suddivisione dei tempi con ciascun genitore secondo il principio temporale della pariteticità, e di conseguenza, il venire meno sia dell’assegno di mantenimento, sia dell’assegnazione della casa coniugale al genitore con i quale i figli vivono in via prevalente, rischiano di aggravare il conflitto tra i genitori.
Il tutto, come spesso accade, a spese dei più deboli, tra i quali rientrano innanzitutto i figli.