Il lavoro al femminile
Al centro di discussioni, riflessioni, conflitti, il lavoro femminile resta un problema ancora irrisolto nella nostra società .
Le donne hanno ormai ampiamente dimostrato di poter svolgere qualsiasi mansione, occupare qualsiasi carica, farsi carico di ruoli un tempo impensabili al “femminile”: dal servizio militare alla guida di governi mondiali.
In ogni ambito lavorativo la “parità”, se non scontata, è almeno percorribile. Ma organizzazione, tempi, contenuti sono costruiti su modelli maschili.
Il traguardo è davvero solo quello di raggiungere un’uguaglianza che rischia di soffocare le peculiarità femminili?
Esiste una strada per orientare il lavoro delle donne rispettando le differenze, i ritmi, le caratteristiche che fanno parte della loro identità?
Essere donna o essere uomo, sul lavoro fa o può fare la differenza?
Quali sono le sfide che dobbiamo affrontare per lavorare valorizzando la diversità?
Per provare a rispondere a queste domande desideriamo iniziare un percorso di condivisione e riflessione comune intervistando donne con ruoli ed età differenti, che stanno provando ad affrontare il lavoro sviluppando le loro potenzialità femminili.
Questo spazio è dedicato anche alle esperienze di tutte voi. Scriveteci le vostre testimonianze e le vostre riflessioni.
Giovani imprenditrici: il lavoro femminile rinnova
Valentina Scotti, 33 anni, una famiglia di imprenditori: da sempre uomini.
Appartiene alla prima generazione di donne che ha avuto accesso al lavoro nell’azienda.
È un esempio anche per le due sorelle più giovani: una ventata di rinnovamento nell’impresa paterna, che produce riso e altri prodotti alimentari di qualità.
La preparazione
La sua preparazione è stata rigorosa.
Uno studio alla Bocconi, poi diverse esperienze lavorative, prima alla Lavazza, di New York, poi come consulente di ditte alimentari impegnate su diversi fronti.
Un ruolo, questo, che le ha insegnato a confrontarsi in modo pragmatico e preciso con i processi produttivi affrontando criticità e soluzioni con capacità analitiche e decisione.
“Un ruolo ingegneristico, più che di marketing”, ci spiega.
Questa dura iniziazione le ha consentito di conquistare la fiducia del padre, che le ha affidato il compito di rivedere il format di ristorazione legato all’azienda, rinnovandolo e ampliandolo.
Il primo compito
Come ha affrontato questo compito?
Sono partita dalla mia esperienza personale.
Mi sono interessata di cibo molto presto sperimentando diverse diete, fra cui la macrobiotica e questo mi ha aiutato a conoscere ingredienti nuovi, come i cereali integrali.
Ho compreso che la dieta ha un ruolo centrale per la salute.
Questo mi ha aiutato a rigenerare il menu del ristorante, una semplice “risotteria”, inserendo anche nuovi prodotti, cerali antichi, per esempio.
Il successo ci ha consentito di aprire nuove sedi con il marchio So’Riso, dove offriamo ricette appetitose senza glutine, senza lattosio, con grassi di qualità, a partire dalla prima colazione.
La richiesta aumenta e in futuro vorremo fare qualcosa di specifico per famiglie e bambini.
Mi piace occuparmi di cibo, sento che è un lavoro molto vicino alla mia femminilità.
Nuovi confini
Il suo ruolo in azienda va ampliandosi?
Sto curando la succursale Riso Scotti in Romania, che lavora con i paesi dell’Est. In queste aree geografiche le donne sono molto più rispettate sul lavoro e coprono spesso ruoli dirigenziali.
Credo che tutto sia partito dalla famiglia. Conflitti e difficoltà politiche hanno indebolito il ruolo degli uomini, spesso assenti, o costretti a migrare.
Così le donne hanno portato avanti le famiglie da sole, con forza, sono state capaci di trasferire queste esperienze di responsabilità e, contemporaneamente, di capacità di ascolto e di cura, anche in ambito lavorativo.
Esprimere le differenze
Questa esperienza la influenza?
All’Est mi sento molto a mio agio. Con le donne, lo confesso, lavoro meglio. A patto che non si lascino travolgere eccessivamente dall’emotività. Sono capaci di riflettere, empatiche, precise e diligenti.
Talvolta hanno una eccessiva ansia di emergere, forse per riscattarsi dal senso di inadeguatezza atavico legato alla società patriarcale. Così, quando arrivano a un ruolo dirigenziale, rischiano di farsi dominare dal desiderio di dimostrare che sono le più brave, a costo di prevaricare anche altre donne.
Io amo le donne che si permettono di vivere la loro identità, che sanno esprimere la loro differenza.
Strade diverse
Quali prospettive immagina per il futuro?
Riflettendo sulle imprenditrici della generazione che mi ha preceduto…. mi rendo conto che dobbiamo cambiare.
Molte di loro, per fare carriera, hanno dovuto rinunciare alla famiglia, ai figli, a un rapporto solidale con altre donne. Un sacrificio che ha pesato duramente sul loro benessere. Grazie a questo modello la mia generazione sa che deve cercare strade diverse.
Guidare altre donne
Alla luce di queste riflessioni, come si mette in relazione con le sue dipendenti?
Certo, il mercato del lavoro è duro. Negli ingranaggi del sistema produttivo fare figli, per esempio, resta una criticità non ancora superata.
Io cerco di essere solidale. Di accogliere le esigenze delle mie dipendenti. In cambio chiedo sincerità, chiarezza, uno scambio che mi permetta di comprenderle.
L’attenzione nella scelta di prodotti
Quando seleziona gli ingredienti, ha un occhio attento alle esigenze delle donne?
L’attenzione alla qualità del cibo fa parte da sempre della cultura femminile. Quindi, quando scelgo, sono consapevole che le donne esamineranno con cura le mie proposte. Il rispetto per l’ambiente e per la salute sono due aspetti che non trascuro mai, proprio per questo seleziono solo prodotti certificati e provo a elaborare menu leggeri, senza sacrificare il gusto.
Valentina Scotti intervistata da Carla Barzanò